venerdì 21 febbraio 2014

Il ritratto ovale

"Era una fanciulla di rarissima bellezza, e non meno soave che piena di gioiosità. E funesta fu l'ora in cui vide, amò, e sposò il pittore. Lui appassionato, sollecito studioso, austero, e già sposato con la sua Arte, lei una fanciulla di rarissima bellezza, e non meno soave che piena di gioiosità; tutta luce e sorrisi, e vivace come una cerbiatta; amante e appassionata di tutte le cose; odiava solo l'Arte che era la sua rivale; temeva solo la tavolozza e i pennelli e gli altri strumenti spiacevoli che la privavano dalla vista del suo amato. Fu dunque una cosa terribile per questa donna udire il pittore parlare del suo desiderio di ritrarre anche la sua giovane sposa. Ma era umile e obbediente, e posò per molte settimane docilmente nell'oscura e alta camera - nella torretta dove la luce scendeva sulla bianca tela solo dall'alto. Ma egli, il pittore, si gloriava solo della sua opera che procedeva di ora in ora, di giorni in giorno. Era un uomo appassionato, ombroso, e lunatico, che sognava a occhi aperti; cosicché non voleva accorgersi che la luce che cadeva così spettralmente in quella solitaria torretta faceva deperire la salute e la vivacità della sua sposa, che sfioriva visibilmente per tutti tranne che per lui. Tuttavia ella sorrideva ancora e sempre, senza lamentarsi, perché vedeva che il pittore (che aveva grande notorietà) traeva un piacere intenso e ardente dal suo lavoro, e lavorava notte e giorno per ritrarre lei che tanto lo amava, ma che diveniva di giorno in giorno più spenta e debole. E in verità chi contemplava il ritratto parlava della sua somiglianza in parole sommesse, come di una grandissima meraviglia, una testimonianza non meno della capacità del pittore che del suo profondo amore per colei che veniva ritraendo in modo così incomparabile. Ma alla fine, mentre l'opera si avvicinava alla conclusione, nessuno fu più ammesso nella torretta; divenuto folle nell'ardore della sua opera, il pittore distoglieva raramente gli occhi dalla tela, anche solo per osservare il volto della sposa. E non voleva accorgersi che i colori che stendeva sulla tela erano sottratti alla gote di lei che gli sedeva vicino. E quando molto settimane furono passate, e solo poco rimaneva da fare, una pennellata sulla bocca e una sfumatura sull'occhio, lo spirito della donna guizzò di nuovo come la fiamma nel bocciolo della lampada. E allora fu data la pennellata, e la sfumatura fu posta; e, per un attimo, il pittore rimase estasiato davanti all'opera che aveva compiuto; ma subito dopo, perso ancora nella contemplazione, divenne tremante e molto pallido, e atterrito, gridando con una voce forte, "Questa è davvero la Vita stessa!" si voltò improvvisamente a osservare la sua amata: Era morta!"

                                                                                                                                 E.A. Poe 


mercoledì 19 febbraio 2014

Umile Amante

"Dovrei essere uno spaccone, dovrei essere un ganzo, ma io la vita la guardo negli occhi proprio come una bella donna, la guardo solo dopo che mi è passata accanto, dopo che si è allontanata. Sempre, tutto quello che viene verso di me mi stordisce, mi sgomenta, quasi mi devasta con la sua bellezza, tanto che non sono capace di guardarlo negli occhi (.) Il mio primo desiderio è fiondarmi lontano dalla fonte della mia commozione, fuggire e portare con me quella sensazione che mi inonda di amore a prima vista (.) Dovrei essere uno spaccone, dovrei essere un ganzo, ma sono un umile amante, impaurito dalla bellezza di qualsiasi cosa mi sia venuta incontro. Per questo gusto tutto quando è tardi, soltanto dopo, soltanto quando le immagini tremanti si fanno quiete. Proprio così, del tutto spaurito, mi guardo allo specchio che invecchia con me e in cui non trovo traccia di quello che mi potrebbe autorizzare a dire di me che dovrei essere almeno un po' spaccone e un po' ganzo, se non altro per me stesso..." 
                

                                                                                                                   B. Hrabal