mercoledì 25 aprile 2007

Quest'ultimo boccone di vita

"Quest'ultimo boccone di vita è stato per me finora il più duro da masticare ed è pur sempre possibile ch'io ne rimanga soffocato [...] Se non riesco a inventare l'espediente alchimistico di trasformare anche questo fango in oro, sono perduto".

                                                                                  F. Nietzsche

sabato 14 aprile 2007

Forse un mattino andando in un'aria di vetro


"Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida,rivolgendomi vedró compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andró zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto."
                                                                                                        
                                                                           E. Montale 

martedì 10 aprile 2007

Fai che io sia per te l'estate


 
"Fai che io per te sia l'estate
quando saran fuggiti i giorni estivi!
La tua musica quando il fanello
tacerà e il pettirosso!
 
 
A fiorire per te saprò sfuggire alla tomba
riseminando il mio splendore!
E tu coglimi anemone,
tuo fiore per l'eterno!"    
                                                         
                                      E. Dickinson

Se più non fossi viva


 
"Se più non fossi viva
quando verranno i pettirossi,
date a quello con la cravatta rossa
per ricordo una briciola.
 
 
Se anche non potessi ringraziarvi
perchè immersa nel sonno,
sappiate che mi sforzo
con le mie labbra di granito!"
                                                     
                                                   E. Dickinson

L'incertezza




"L'incertezza è più ostile della morte.
La morte, anche se vasta,
è soltanto la morte e non può crescere.


All'incertezza invece non v'è limite, 

perisce per risorgere
e morire di nuovo,
è l'unione del nulla
con l'immortalità."

                                              E. Dickinson



Ballata degli occhiali neri


"Dietro gli occhiali neri
io Le cercavo gli occhi
gli occhi amati cercavo
e la voce gentile
il sole c'era
ma era disperato
c'era il tè caldo
ma era tè ghiacciato
per terra c'era un guanto
di una grade mano
io mi sentivo male
male piano piano
dietro gli occhiali neri
io Le cercavo gli occhi
gli occhi amati cercavo
e la voce gentile
oh la Norvegia aiuto
stavo per morire
dov'era il Suo bel cuore
il Suo cuore gentile
chi c'era lì seduto
dietro gli occhiali neri
dietro gli occhiali neri
io non  trovavo gli occhi
forse così è la morte
io mi sentivo male
male forte forte
c'era un guanto per terra
di una grande mano
c'era una strana ragazza
ed un ragazzo strano
c'era un cameriere
c'era Corso Sempione
e sotto un cielo azzurro
azzurro gelato
l'Arco della Pace era insanguinato.
Senza gli occhiali neri
d'improvviso i Suoi occhi 
gli occhi Suoi ritrovati
e la voce gentile
ma solo per l'istante
prima di sparire
oh i giochi dei bambini
le voci delle mamme
stavo per gelare
e avevo il cuore in fiamme
giocavan con la palla
e una bambina a mamme
stavo per gelare
bruciata dalle fiamme
oh i giochi dei bambini
io mi sentivo sola
c'era una bambina
io ero una signora
c'erano panchine
ero disperata
c'erano mamme nonne
c'era anche una tata
e l'erba nelle aiole
e in mezzo al cielo il sole
forse così è la morte
io mi sentivo male
male forte forte
oh i giochi dei bambini
le voci delle mamme
cercavo gli occhi amati
e la voce gentile
forse sarà così morire."         

                                V. Lamarque 

Sole invernale


 
"Fa bene al mio male
questo sole invernale
fa male al mio cuore
il tuo freddo tepore. "
                             
                            V. Lamarque

sabato 7 aprile 2007

Amore illusorio



<<"..non esita a penetrare, disturbando, tra gli accordi degli uomini di stato e tre le ricerche dei dotti, è capace di introdurre le sue letterine amorose e le ciocche dei capelli nei portafogli ministeriali e nei manoscritti filosofici, ordisce ogni giorno le trame più complicate e cattive, scioglie i vincoli più stretti, conduce a sacrificare a volte la vita o la salute, la ricchezza, il rango e la felicità, anzi priva di coscienza l'onesto e rende traditore il fedele"-  
                                                                        
                                                                                                                         A. Schopenhauer


Se l'amore è così forte da fare di Cupido "il sognore degli dei e degli uomini" è perchè dietro le sue lusinghe e il  suo incanto sta in realtà il freddo Genio della specie che mira alla perpetuazione della vita. Il fine dell'amore, o lo scopo per cui esso è voluto dalla natura, è solo l'accoppiamento. Ma se dietro il fascino di un bel volto c'è, in realtà, un nascosto desiderio sessuale, che, con l'innamoramento, si traduce nel ciclo accoppiamento-procreazione, vuol dire che l'individuo è lo zimbello della natura proprio là dove crede d realizzare maggiormente il proprio godimento e la propria personalità.>>

mercoledì 4 aprile 2007

Primavera che a me non piaci


"Primavera che a me non piaci, io voglio
dire di te che di una strada l'angolo
svoltando, il tuo presagio mi feriva
come una lama. L'ombra ancor sottile
di nudi rami sulla terra ancora
nuda mi turba, quasi anch'io potessi
dovessi                                            
rinascere. La tomba                        
sembra insicura al tuo appressarsi, antica
primavera, che più d'ogni stagione
crudelmente risusciti ed uccidi. " 
                          
                            U. Saba

martedì 3 aprile 2007

Teoria del Piacere


"Il sentimento della nullità di tutte le cose, la insufficienza di tutti i piaceri a riempirci l'animo, e la tendenza nostra verso un infinito che non comprendiamo, forse proviene da una cagione semplicissima, e più materiale che spirituale. L'anima umana (e così tutti gli esseri viventi) desidera sempre essenzialmente e mira unicamente, benché sotto mille aspetti, al piacere, ossia alla felicità, che considerandola bene, è tutt'uno col piacere. Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti, perch'è ingenita o congenita coll'esistenza e perciò non può aver fine in questo o quel piacere che non può essere infinito, ma solamente termina colla vita. E non ha limiti: 1. né per durata; 2. né per estensione. Quindi non ci può essere nessun piacere che uguagli: 1. né la sua durata, perché nessun piacere è eterno 2. né la sua estensione, perché nessun piacere è immenso, ma la natura delle cose porta che tutto esista limitatamente, e tutto abbia confini, e sia circoscritto. Il detto desiderio del piacere non ha limiti per durata, perché, come ho detto non finisce_se non coll'esistenza, e quindi l'uomo non esisterebbe se non provasse questo desiderio. Non ha limiti per estensione perch'è sostanziale in noi, non come desiderio di uno o più piaceri, ma come desiderio del piacere. Ora una tal natura porta con se materialmente l'infinità, perché ogni piacere è circoscritto, ma non il piacere, la cui estensione èindeterminata, e l'anima amando sostanzialmente il piacere, abbraccia tutta l'estensione immagina-bile di questo sentimento, senza poterla neppur concepire, perché non si può formare idea chiara di una cosa ch'ella desidera illimitata. Veniamo alle conseguenze. Se tu desideri un cavallo, ti pare di desiderarlo come cavallo e come un tal piacere, ma in fatti lo desideri come piacere astratto e illimitato. Quando giungi a possedere il cavallo, trovi un piacere necessariamente circoscritto e senti un vuoto nell'anima, perché quel desiderio che tu avevi effettivamente non resta pago. Se anche fosse possibile che restasse pago per estensione, non potrebbe per durata, perché la natura delle cose porta ancora che niente sia eterno. [...] Quindi potrete facilmente concepire come il piacere sia cosa vanissima sempre, del che ci facciamo tanta maraviglia, come se ciò venisse da una sua natura particolare, quando il dolore la noia ec. non hanno questa qualità. Il fatto è che quando l'anima desidera una cosa piacevole, desidera la soddisfazione di un suo desiderio infinito, desidera veramente il piacere, e non un tal piacere; ora nel fatto trovando un piacere particolare, e non astratto, e che comprenda tutta l'estensione del piacere, ne segue che il suo desiderio non essendo soddisfatto di gran lunga, il piacere appena è piacere, perché non si tratta di una piccola ma di una somma inferiorità al desiderio e oltracciò alla speranza. E perciò tutti i piaceri debbono esser misti di dispiacere, come proviamo, perché l'anima nell'ottenerli cerca avidamente quello che non può trovare, cioè una infinità di piacere, ossia la soddisfazione di un desiderio illimitato. Veniamo alla inclinazione dell'uomo all'infinito. Indipendentemente dal desiderio del piacere, esiste nell'uomo una facoltà immaginativa, la quale può concepire le cose che non sono, e in un modo in cui le cose reali non sono. Considerando la tendenza innata dell'uomo al piacere, è naturale che la facoltà immaginativa faccia una delle sue principali occupazioni della immaginazione del piacere. E stante la detta proprietà di questa forza immaginativa, ella può figurarsi dei piaceri che non esistano, e figurarseli infiniti: 1. in numero, 2. in durata, 3. in estensione. Il piacere infinito che non si può trovare nella realtà, si trova così nella immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni ec. Perciò non è maraviglia: 1. che la speranza sia sempre maggior del bene; 2. che la felicità umana non possa consistere se non nella immaginazione e nelle illusioni. Quindi bisogna considerare la gran misericordia e il gran magistero della natura, che da una parte non potendo spogliar l'uomo e nessun essere vivente, dell'amor del piacere che è una conseguenza immediata e quasi tutt'uno coll'amor proprio e della propria conservazione necessario alla sussistenza delle cose, dall'altra parte non potendo fornirli di piaceri reali infiniti, ha voluto supplire: 1. colle illusioni, e di queste è stata loro liberalissima, e bisogna considerarle come cose arbitrarie in natura, la quale poteva ben farcene senza; 2. coll'immensa varietà acciocché l'uomo stanco o disingannato di un piacere ricorresse all'altro, o anche disingannato di tutti i piaceri fosse distratto e confuso dalla gran varietà delle cose, ed anche non potesse così facilmente stancarsi di un piacere, non avendo troppo tempo di fermarcisi, e di lasciarlo logorare, e dall'altro canto non avesse troppo campo di riflettere sulla incapacità di tutti i piaceri a soddisfarlo. Quindi deducete le solite conseguenze della superiorità degli antichi sopra i moderni in ordine alla felicità. 1. L'immaginazione come ho detto è il primo fonte della felicità umana. Quanto più questa regnerà nell'uomo, tanto più l'uomo sarà felice. Lo vediamo nei fanciulli. Ma questa non può regnare senza l'ignoranza, almeno una certa ignoranza come quella degli antichi. La cognizione del vero cioè dei limiti e definizioni delle cose, circoscrive l'immaginazione. E osservate che la facoltà immaginativa essendo spesse volte più grande negl'istruiti che negl'ignoranti, non lo è in atto come in potenza, e perciò operando molto più negl'ignoranti, li fa più felici di quelli che da natura avrebbero sortito una fonte più copiosa di piaceri. [...] Del resto il desiderio del piacere essendo materialmente infinito in estensione (non solamente nell'uomo, ma in ogni vivente), la pena dell'uomo nel provare un piacere è di veder subito i limiti della sua estensione, i quali l'uomo non molto profondo gli scorge solamente da presso. Quindi è manifesto: 1. perché tutti i beni paiano bellissimi e sommi da lontano, e l'ignoto sia più bello del noto; effetto della immaginazione determinato dalla inclinazione della natura al piacere, effetto delle illusioni voluto dalla natura. 2. Perché l'anima preferisca in poesia e da per tutto, il bello aereo, le idee infinite. Stante la considerazione qui sopra detta, l'anima deve naturalmente preferire agli altri quel piacere ch'ella non può abbracciare. Di questo bello aereo, di queste idee abbondavano gli antichi, abbondano i loro poeti, massime iI più antico cioè Omero, abbondano i fanciulli, veramente Omerici in questo, [...] gl'ignoranti ec. in somma la natura. La cognizione e il sapere ne fa strage, e a noi riesce difficilissimo il provarne. La malinconia, il sentimentale moderno, ec., perciò appunto sono così dolci, perché immergono l'anima in un abisso di pensieri indeterminati, de' quali non sa vedere il fondo né i contorni. [...] Del rimanente, alle volte l'anima desidererà ed effettivamente desidera una veduta ristretta e confinata in certi modi, come nelle situazioni romantiche. La cagione è la stessa, cioè il desiderio dell'infinito, perché allora in luogo della vista, lavora l'immaginazione e il fantastico sottentra al reale. L'anima s immagina quello che non vede, che quell'albero, quella siepe, quella torre gli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perché il reale escluderebbe l'immaginario. Quindi il piacere ch'io provava sempre da fanciullo, e anche ora nel vedere il cielo ec. attraverso una finestra, una porta, una casa passatoia, come chiamano. Al contrario la vastità e moltiplicità delle sensazioni diletta moltissimo l'anima. Ne deducono ch'ella è nata per il grande ec. Non è questa la ragione. Ma proviene da ciò, che la moltiplicità delle sensazioni confonde l'anima, gl'impedisce di vedere i confini di ciascheduna, toglie l'esaurimento subitaneo del piacere, la fa errare d'un piacere in un altro, senza poterne approfondare nessuno, e quindi si rassomiglia in certo modo a un piacere infinito." 

                                                                    G. Leopardi 

Homo Homini lupus

"Ovunque vediamo nella natura conflitti, battaglie e alternanze di vittorie. Ogni grado nell'obiettivazione della materia contende all'altro la materia, lo spazio, il tempo. Senza riposo la permanente materia deve mutar di forma, mentre, seguendo il filo conduttore della causalità, fenomeni meccanici, fisici, chimici, organici, aspirando all'esistenza, si contendono l'un l'altro la materia. E in questa lotta si rivela il dissidio essenziale della volontà con se stessa. Questa lotta universale raggiunge la più chiara evidenza nel mondo animale che si serve del mondo vegetale come di suo nutrimento, e in cui ogni animale diventa preda e nutrimento d'un altro, ... poiché ogni animale può conservare la propria esistenza soltanto col distruggere costantemente un'altra. E così la volontà di vivere divora perennemente se stessa, ed è sotto diverse forme, il nutrimento di se stessa, finché, alla fine, la specie umana, avendo sopraffatto tutte le altre, considera la natura come uno strumento dei propri fini, e tuttavia anch'essa rivela con terribile evidenza in se stessa quel conflitto, quel dissidio della volontà, e diventa homo homini lupus."

                                                                  A. Schopenhauer

Il mondo come volontà e rappresentazione

"Se si conducesse il più ostinato ottimista attraverso gli ospedali, i lazzaretti, le sale chirurgiche, le prigioni, le stanze di tortura, i recinti degli schiavi, nei campi di battaglia e nei tribunali, aprendogli tutti i sinistri covi della miseria, e facendogli vedere alla fine la torre della fame di Ugolino, certamente anch'egli potrebbe capire di qual specie sia questo meilleur des mondes possibles. Perciò non posso trattenermi dal dichiarare che l'ottimismo mi sembra non solo una dottrina assurda, ma anche iniqua, un amaro scherno dei mali innominabili sofferti dall'umanità."

                                                            A. Schopenhauer

lunedì 2 aprile 2007

cavia d’esperimento per l’esistenza

"Ciò che io sono è nulla; questo procura a me e al mio genio la soddisfazione di conservare la mia esistenza al punto zero, tra freddo e caldo, tra la saggezza e la stupidaggine, tra il qualche cosa e il nulla come un semplice forse"

                                        S. Kierkegaard

Il mondo come volontà e rappresentazione

<<Che ogni felicità sia di natura negativa soltanto, e non positiva [...] ne abbiamo una prova anche in quello specchio fedele dell'essenza del mondo e della vita che è l'arte, soprattutto nella poesia. Ogni poesia epica o drammatica può in ogni caso rappresentare soltanto uno sforzo, un'aspirazione attiva, una lotta per la conquista della felicità, e non mai la felicità stessa durevole e compiuta. Essa conduce il suo eroe attraverso mille difficoltà e pericoli sino alla meta: non appena questa è raggiunta, subito lascia cadere il sipario. Null'altro, infatti, le resterebbe, se non mostrare che la luminosa meta, nella quale l'eroe sognava di trovare felicità, ha beffato anche lui, di modo che, quando l'ha raggiunta, egli non si trova meglio di prima>>.


                                                           A. Schopenhauer

domenica 1 aprile 2007

Zitella

"E così questa particolare ragazza
In una cerimoniosa passeggiata d'aprile
Col suo più recente pretendente
Si trovò all'improvviso oltremodo sconvolta
Dalla sfrenata babele degli uccelli, 
Da quel mare di foglie. 

In preda a questo tumulto, osservava
I gesti del suo innamorato che sbilanciavano l'aria. 
E il proprio passo vagante ineguale
In quel solitario rigoglio di felci e fiori. 
Giudicava i petali in scompiglio, 
E la stagione in generale, sciatta
Come desiderò allora l'inverno!-
Scrupolosamente austero nel suo ordine
Di bianco e nero
Ghiaccio e roccia, ogni senso nei suoi limiti, 
E la gelida disciplina del cuore 
Esatta come fiocco di neve. 

Ma ecco - un germogliare 
Anormale abbastanza da mettere in scompiglio 
Le sue cinque regali facoltà - 
Un tradimento da non tollerare. Sì, impazziscano pure
Gli idioti nel manicomio primavera: 
Lei se ne tirò subito fuori. 
E mise tutt'intorno alla sua casa
Tale una barricata di spine e impedimenti
Contro quella stagione sediziosa 
Che nessun uomo all'assalto potè sperare d'infrangerla
Per anatemi, pugni o terrore; 
E nemmeno per amore." 

...


"È meglio che ogni fibra si spezzi 
e vinca la furia, 
e il sangue vivo inzuppi
divano, tappeto, pavimento
e l'almanacco decorato con serpenti
testimone che tu sei
a un millione di verdi contee da qui, 
che sedere muti, con questi spasmi
sotto stelle pungenti, 
maledicendo, l'occhio sbarrato 
annerendo il momento
che gli adii vennero detti, e si lasciarono partire i treni, 
ed io, gran magnanimo imbecille, così strappato
dal mio solo regno."