mercoledì 27 novembre 2013

In ogni insufficienza

Cosa sei?
Cosa cerchi?
Di cosa hai bisogno?
Cosa vuoi?
Cosa ti manca?
Cosa provi?
Quando lo provi?
Chi vorresti essere?
Cosa vorresti essere?
Come vorresti essere?
Quando lo vorresti?
Cosa proteggi?
Cosa rinneghi?
Quale momento?
Quale scopo?
Quale precisione?
Quale mancanza?
Quale ossessione?
Quale dissonanza?
Quale ambizione?
Quante ambizioni?
Per quanto tempo?
Quale fine?
In quale fine?
Quale regola?
Quale obiezione?
Quale rimpianto?
Quale strada?
Quale posto?
Dove? 


mercoledì 23 ottobre 2013

mondo-non-mondo

Oggi sono cresciuta un po'. Ancora resto piccola quanto uno scricciolo, con una mente infantile, ma con una certezza in più.
Ci sono, nella vita di una persona innumerevoli rapporti, incontri, scontri, amicizie, passioni, affetti e tutto questo risulta in qualche modo fondamentale per ogni essere umano, anche per il più eremitico degli eremiti. Aggiungiamo il fatto che normalmente, nella quotidianità, le cose non vanno sempre avanti perfettamente, in maniera limpida e pulita; a volte si è costretti a fare i conti con questioni che si preferirebbero evitare. Ci sono, in particolare, situazioni che (chi più, chi meno) mandano letteralmente in crisi il sistema e l'equilibrio di un individuo. Ora, per alcuni può essere semplicemente un esame andato male, per altri un unghia spezzata, per altri ancora una vita persa, il conto in rosso, una malattia, ma il punto è che in quei momenti si capisce davvero se la nostra scelta sia stata furba ed intelligente, per non dire salutare, oppure se abbiamo un'indole autodistruttiva.
Credo non ci sia, in realtà, una regola generale che possa convogliare e descrivere la totalità dei casi e delle persone; diciamo che ognuno ha le sue esigenze, il suo giusto modo, il "buon nascondiglio".
Io, di mio, sono come mi definivano vecchie compagne di classe: la "figlia illegittima di Leopardi", significa sostanzialmente che tendo ad essere pessimista e che faccio di questo pessimismo una delle fonti di sopravvivenza. Non è però detto che una persona pessimista si debba necessariamente attorniare di pessimisti, che la pensino come lei e che la assecondino, ed è questo il caso. Quando ero più giovane, credevo, in un primo momento, che aver vicino persone simili a me mi avrebbe in qualche modo aiutato: mi sentivo capita, collegata, parte di qualcosa. Successivamente mi sono convinta del grande incentivo che ne potevo ottenere: mi sarei "presa cura" di loro e avrei così curato anche me. Crescendo, ho capito quanto questo non possa valere per la persona che sono. Forse non sono abbastanza forte, forse non sono abbastanza altruista e caritatevole, forse sono consapevole dei miei limiti e delle mie caratteristiche e ho capito quanto in realtà persone troppo simili a me mi trascinino nel baratro con loro. Ho compreso che avere un altro punto di vista, un altro paio di occhi dai quali guardare, fa comodo eccome.
Parlando con un amico, di recente, riguardo la difficoltà che spesso scaturisce dal cercare di essere se stessi, in un ambiente per molti "ostile", è venuto fuori questo:
"Ultimamente sto riflettendo sul fatto che apparteniamo tutti allo stesso mondo, eppure, tutti facciamo parte di altri mondi. Spesso, la maggior parte delle persone che ho vicino, si coagula in un unico differente mondo, anzi per la precisione, ci sono gruppi di mondi diversi; ultimamente, mi sento dire di continuo frasi del tipo: "eh..ma è perché tu non appartieni al loro mondo!", ma cosa diavolo significa?? Pur un'extraterrestre come me ha difficoltà a comprendere una cosa del genere. Viviamo tutti nello stesso medesimo mondo ma non viviamo tutti nello stesso medesimo modo. Penso ci siano persone che faticano davvero poco a trovarsi un posto in questo mondo-non-mondo, hanno con loro un qualcosa di innato probabilmente che li spinge ad adattarsi nella maniera migliore a quello che ritengono più giusto; poi ci sono persone che non trovano un posto. Si sforzano, si applicano, ma non si sentono mai appartenere a nulla. Lottano con se stessi, lottano con gli altri, lottano sempre, ma nulla cambia. Si potrebbe dire che loro hanno di innato il non riuscire ad adattarsi. Il problema più grande per queste persone è che si sentono sole, vedono questo loro essere come qualcosa di sbagliato, solo perché intorno a loro la maggior parte degli individui agisce in maniera differente: si omologa, si appiattisce e resta indistinto. Sai qual'è il risultato ultimo di tutto questo? Che chi non riesce ad adattarsi si sente terribilmente fuori posto, non interessante, insulso. A volte non ci si fa neppure caso, a volte piace distinguersi, ma solo a volte..il resto del tempo pesa atrocemente. Così, si finge, si tende a nascondere quello che distingue dal resto, si cerca di omologarsi facendo cose che non ci risultano naturali e appariamo come ingenui, goffi, imbarazzanti, sfigati. L'unica arma contro tutto questo è l'intelligenza, l'acuità, la cultura..." e, aggiungo ora, quello che si ha accanto. Accettare la persona che si è, accettare le proprie particolarità, il proprio modo di essere fuori dal comune funziona solo nella misura in cui, a parte rarissime eccezioni, abbiamo un sostegno, un apprezzamento, una convinzione esterna. Per quanto ci sforziamo di non seguire ciò che "dice la gente", spesso falliamo enormemente, abbiamo necessità di sentirci accettati e dato che per alcuni di noi non è facile esserlo su ampia scala, è fondamentale ci sia un nucleo protettivo dove essere liberi di sentirsi "giusti". Da questo dipendono tutta una serie di questioni che si direbbero scollegate e direttamente riconducibili alla sfera più intima e personale: avere motivazioni per essere ciò che si è, per compiere quello che si ritiene più adatto ed adeguato senza dover necessariemente fingere o adattarsi a stili lontani anni luce, tutto questo e molto altro vengono da una spinta interna costruita sulla base di ciò che si prova nel contatto con l'esterno.Proprio per questo motivo oggi ho scoperto che IO sento il necessario bisogno di avere al mio fianco chi ha uno sguardo diverso, un approccio diverso, parole diverse per descrivere il mondo, chi quasi si oppone al mio essere. Ho capito che infondo mi piace avere dei "collaboratori", che sappiano affiancarmi e motivarmi, pur restando mie le scelte finali; sono parte anche io di qualcosa, ma non è una sfera chiusa e sigillata dove nessuno può entrare o uscire, non c'è nulla di decisamente delimitato, perché ho bisogno di continui cambi d'aria, seppure sembra arrivino solo da una piccolissima finestrella sul retro.
Oggi ho capito quanto sia importante, in questo mondo così instabile, avere il giusto movente. 


martedì 13 agosto 2013

Principe Verde

Quando ti innamori di una persona, è come se venissi catapultato nel mondo delle favole: tutto è meraviglioso, colorato e pieno di fiorellini profumati. Spuntando le caratteristiche possiamo trovare: un cavallo bianco, un bel principe azzurro con tanto di spada sguainata, pronto a difendere il tuo onore e la tua vita con la sua, il castello incantato e promesse di amore eterno. Fino a poco prima credevi nell'inesistenza dell'anima gemella, della metà perfetta, dell'amore incondizionato, eppure ora te lo trovi proprio davanti agli occhi...........per i primi giorni della tua fantastica storia.
Passata la sottilissima soglia di una manciata di mesi, qualcosa nella tua visione tende a cambiare: ti sembrerà di aver vissuto in un sogno e che qualcuno, brutalmente, abbia osato svegliarti con una secchiata d'acqua gelida.
Nella mente ti si concretizzano cose che prima non esistevano, o più precisamente, che avevi astutamente ignorato: non è cieca fiducia nelle tue capacità il fatto che ti faccia tornare a casa da sola, a piedi, alle tre di notte, sotto una pioggia corrente; non è prova e dimostrazione di eterno amore provolare con ogni essere vivente che respiri MA poi "riapparire sempre e solo tra le tue uniche e perfette braccia"; non si è dimenticato di venire a prenderti al lavoro perché pensava troppo a quanto tu sia meravigliosa; non è "eh..è un uomo", il fatto che ammiri tette e culi altrui e li paragoni disgustato alla tua povera e ridicolissima mercanzia, e potrei continuare in eterno. In un colpo ti si palesano innumerevoli condizioni di cui non riuscivi a distinguere i contorni fino a poco prima. Il castello incantato inizia a sbriciolarsi e le solide fondamenta scompaiono all'istante.
A questo punto sono due le vie plausibili: quella dell'innamoramento arso e bruciato fino all'ultima fiamma, involuto, oppure quello che dalle sue ceneri ha dato vita all'amore. In quest'ultimo caso si passa alla fase successiva e molte delle questioni che prima credevi fondamentali saltano in secondo piano e più la strada si fa difficile ed in salita, più ti rendi conto di cosa sia davvero importante: al diavolo il fatto che non ti dica ogni giorno parole poetiche e apprezzamenti presi da aforismi, se durante la tua crisi più nera ha la forza di sorreggerti e di starti accanto; al diavolo il fatto che non ti regali anelli o che non ti faccia sorprese ad ogni ricorrenza, se ti difende da quello che più ti ferisce, anche se questo vuol dire proteggerti da te stessa; al diavolo il fatto che sembri sempre distaccato e che non ti scriva 17.000 sms scontati, se è disposto ad accettare un'enorme carenza pur di convivere con te, perché tu vali più di quella carenza; al diavolo tutte le dimenticanze, le colazioni che non ti ha portato a letto, i fiori che non ti ha regalato, le parole che non ha sprecato, le promesse che ha infranto, le ore che ti ha fatto aspettare, se quando ti sembra che tutto sia sbagliato e orrendo trovi pace solo tra le sue braccia. Ben venga il fatto che non esista l'anima gemella e l'amore incondizionato e la metà perfetta, se questo significa riuscire a vivere attimi di felicità e pace nel mondo reale.

Al diavolo il principe azzurro, se al tuo fianco hai quello verde. 




mercoledì 7 agosto 2013

Oltre-Sensibili

Si dice che ogni persona abbia una sua particolarità, una caratteristica che la distingue dal resto; si dice anche che ci siano categorie di persone, classificate a seconda di questa caratteristica che, in maniera differente, le avvicina e le raccoglie sotto un denominatore comune.
Ci sono infinità di categorie, ma io vorrei concentrarmi su quella degli oltre-sensibili. Per farla semplice, i componenti di questa divisione hanno alcuni sensi più sviluppati di altri: udito, vista ed intuito; ovviamente dei primi due non mi riferisco ai concreti organi di senso, bensì agli occhi e alle orecchie dell'empatia. Infatti sono in grado di captare e ricevere minuscole informazioni provenienti dal linguaggio verbale e non (il più delle volte), che permettono loro di creare una sorta di ponte impercettibile con gli altri.
I normali sensibili ricevono i dati riguardanti il mondo emozionale in maniera amplificata, si sentono vicini e comprendono chi soffre, piangono guardando un film strappalacrime, si commuovono ascoltando una canzone struggente, tendono a fare di una piccola questione una tragedia, dimenticando spesso il punto di riferimento esterno, immergendosi completamente nella vicenda.
Gli oltre-sensibili, invece, sono qualcosa di più (dalla parola stessa "oltre"). Se esistesse una sorta di limite per indicare i vari livelli di sensibilità degli esseri umani, queste persone si troverebbero al di là di qualsiasi estremità. Per loro, infatti, ogni tipo di contatto col mondo esterno, e a volte con quello interno, che presuppone una radice sentimentale e umana, è un atto di distruzione. Diversamente dai normali sensibili, queste persone patiscono e si tormentano quasi alla pari (effettivamente a volte anche di più) delle persone che sentono soffrire; si struggono e singhiozzano vedendo passare rapidamente, scorgendo appena, un'immagine per loro (e spesso solo per loro) evocativa. Di frequente finiscono per avere la sensazione di aver perso l'uso del gusto, continuando ad ingoiare lacrime salate per aver assaporato, in un primo istante, qualcosa di eccezionalmente delizioso. Sono sempre offuscati da pensieri che li trascinano in un vortice infinito di sensazioni lontane che loro percepiscono come assolutamente vive e presenti; danno spesso l'impressione di non capire la circostanza, di arrivare con leggero ritardo alla soluzione del problema, in realtà è solo perché la loro mente è costantemente occupata a dipanare una matassa fitta, carica di volti, sguardi, parole, gesti di altri.
Si crede che gli oltre-sensibili siano persone fragili, pronte a scoppiare e rompersi in un milione di pezzi, si crede gli si debba fare da balia per tutelare i loro sbalzi emotivi: nulla di più falso. Hanno in loro una forza incredibile, una costanza ed una pazienza formidabile. Sopportano masse e masse di macigni di altre persone e lo fanno così sottilmente da impedire agli altri (e a se stessi) di rendersene conto: a volte chi li ha vicini crede di aver fatto tutto da solo, crede che infondo siano stati poco utili, non si rende conto che quell'abbraccio, quella stretta di mano, quella lacrima hanno fatto il "più" di cui si necessitava in quel preciso istante.
Non gli piace essere come sono, vorrebbero continuamente cambiare, smettere di "sentire" e "vedere" tutto e nonostante questo sospettare di essere inutili. Hanno poca stima in sé e nessuna fiducia nelle proprie capacità. Sono estremamente rari e di questa rarità ne soffrono stabilmente: da umani non sono preclusi dall'egoismo che ci caratterizza tutti, perciò, il non ricevere quello che si aspettano o quello che loro farebbero per gli altri li destabilizza, li rende alieni in questo mondo.
Soffrono di una depressione oscillante, che va e viene; in questi periodi mettono in discussione qualsiasi cosa costituisca la loro vita. Tendono a rifiutare tutto e tutti e a chiudere ogni possibile contatto. Queste reazioni si devono proprio alla sensazione di non appartenere allo stesso mondo di chi hanno vicino, questioni che per loro sono palesi e scontate risultano invisibili agli occhi di chi non è un oltre-sensibile.
Come dicevo poco sopra, nonostante tutta questa distruzione e auto-distruzione, sono energici, e se appaiono deboli e delicati è solo perché quello che sopportano va ben oltre le loro possibilità, fisiche e mentali; eppure restano sempre in piedi. Respingono questa debolezza apparente che traspare, vorrebbero deprimerla al punto di eliminarla, vorrebbero mostrarsi resistenti, capaci, sicuri, forti, vorrebbero addirittura distaccarsi ed essere distaccati.
Non è difficile distinguerli e riconoscerli, ma spesso si confondono con i normali sensibili, e più un oltre-sensibile si rafforza meno sembra appartenere alla sua categoria.

Vi sembreranno i meno gestibili, i più problematici e probabilmente lo sono, ma non temete di averli vicino, non nascondetevi da loro, perché quello che sanno dare agli altri è qualcosa che difficilmente si può trovare altrove. Molto spesso vi sembrerà di star vivendo qualcosa di scontato e ovvio, ma non è così; e rendersene conto significa essere arrivati troppo tardi. 

                                                            


giovedì 11 luglio 2013

Inguaribile illusione scintillante

Qualche giorno fa ho iniziato un discorso con C., riguardo la menzogna gratuita, non so se hai presente: sei talmente abituato a vivere in un mondo parallelo, pieno delle stronzate che dici per farti amare di più o attirare l'attenzione degli altri, che non ti rendi neppure conto di spalancare la bocca solo per far uscire ventate e ventate di balle, costruite da tempo o improvvisate sul momento.
Non sono un amante delle menzogne, ma devo dire che ne ho usufruito spesso, in un particolare periodo della mia vita. Non credo ci sia modo di far intendere che alcune verità non dette o alcune omissioni o travisazioni possano essere in qualche maniera giustificabili, ma, se non altro, avevano una base, una motivazione: "Oggi non posso uscire perché ho avuto la dissenteria", ok, è pur sempre una balla per nascondere il fatto che non hai alcuna voglia di mettere piede fuori casa o di vedere quella tal persona, ma per lo meno l'hai detto perché ti serviva un altro sistema per spiegare ciò che, in questa stupida società dove i rapporti sono falsati e vincolati da convenzioni, avrebbe potuto ferire l'altro. 
Non è più quel periodo della mia vita, per precisare. 
Supponiamo invece che in un piccolo gruppo di amici si stia parlando di mucche da latte, nella maniera più generica e superficiale possibile, e all'improvviso qualcuno dica "ah, mucche da latte, mia nonna ne possedeva sette e con il latte delle sue mucche riusciva a fare un intruglio in grado di guarire la coprolalìa ". Ora, nessuno può avere la garanzia che quella sia una frottola, eppure dentro di sé, ognuno ne è convinto e consapevole. 
A quel punto la domanda sorge spontanea: perché? Perché diamine quella persona ha dovuto necessariamente inventarsi, in quel preciso istante, una cosa talmente assurda da non poter essere al cento per cento smentita? Qual'è la pulsione, la spinta che muove questo meccanismo?
Nella mia poca esperienza ho conosciuto almeno tre persone caratterizzate da questa tendenza quasi istintiva, e debbo dire che ho potuto notare "motivazioni" differenti: due di loro avevano l'abitudine di gonfiare ed aggravare o inventare dallo zero situazioni che li mettessero in una posizione di difficoltà, di emarginazione, insomma al punto di spingere chi avevano vicino a correre in loro soccorso o, il più delle volte, a compatirli (si potrebbe dire una sorta di sindrome da vittimismo); l'altra persona, invece, tendeva ad ingigantire questioni e situazioni che la facessero spiccare come il meglio, come chi sapeva più di tutti o aveva l'esperienza migliore, la vita più vissuta, e via così. Nonostante sembri semplice e palese che queste mie conoscenze avessero in fondo il medesimo interesse di attirare l'attenzione e farla ricadere completamente su di loro, in realtà, a mio avviso, il passaggio non è così scontato; se questa situazione capitasse saltuariamente, in maniera sporadica e in concomitanza a situazioni che possano, in qualche modo, portare gli interessati a sentirsi esclusi o bisognosi di attenzione, potrei capire, ma (sempre facendo riferimento alla mia esperienza) se questo meccanismo scattasse costantemente, in qualsiasi circostanza e senza apparente motivo, credo qui si parli di qualcosa di più complesso.
Bene, la complessità di questa situazione è aggravata dalla difficoltà che, chi subisce questo comportamento, può trovare nel tentare di esporlo, portarlo evidentemente all'attenzione degli interessati. Di solito, come già anticipato, si parla di qualcosa che è difficilmente smentibile, inoltre c'è da aggiungere la componente emotiva o affettiva caratterizzata dal legame esistente tra il gruppo e le persone interessate. Ovviamente si possono avere reazioni molto diverse: c'è chi ne è divertito, chi incuriosito, o addirittura imbestialito, ma prima o poi, col passare del tempo, è inevitabile si arrivi, tutti, alla fase del rifiuto. C. mi faceva notare, infatti, come il costante rigurgito incontrollato di false asserzioni irriti profondamente chi ne è sottoposto. Ne si fa una questione personale, un affronto duro da digerire e si cerca, portando esempi, esperienze o leggi, di far crollare quel castello costruito, di sbugiardare il bugiardo. Cosa molto complessa data la spiccata capacità, degli interessati, di giocare con le parole, comporle nel modo migliore per girare e rigirare la frittata, in modo tale da uscirne indenni, o al massimo solo di poco scalfiti. Questa rabbia furibonda che scoppia, montando per molto tempo in sordina, la si deve, probabilmente, al fatto che ci si sente in un certo senso traditi: oltre alla lampante presa per il culo, vengono meno quelle certezze di legame che si credevano forti e radicate; insomma si è beffati, e già credo la cosa piaccia a pochi, per di più da chi ritenevamo nostro alleato. 
Così, si arriva necessariamente ad una rottura, graduale, difficilmente esplosiva, ma profonda. Si tende a dubitare di ogni parola, a non prendere seriamente nessun discorso e il rapporto in questo modo si deteriora lentamente. Difficilmente una delle due parti farà qualcosa per cercare di recuperare, si lascerà tutto scivolare piano.
A questo punto, credo l'unica spiegazione plausibile sia una sorta di mancanza intima che queste persone hanno o sentono, di quelle che va ben oltre il normale senso di vuoto. Probabilmente questo mondo inventato e fantastico in cui vivono è troppo accogliente per poterlo abbandonare, per potersi trasferire in una realtà che, sì, li farebbe incontrare con le persone vicine, ma che li trascinerebbe in uno stato di grigiore perpetuo che li spaventa e li affonda: non avrebbero modo di spiccare, di salire a galla (o forse è solo quello che la loro mente vuol far credere). Probabilmente è migliore un'illusione colorata e ben costruita (anche se a volte ha falle o se si rischia di precipitare da un momento all'altro), piuttosto che una realtà grigia e prevedibile.
Il discorso, ovviamente, è molto più complesso di così. Sarebbe necessario prendere in considerazione un numero indefinito di punti, di caratteristiche, di storie ma alla fine il risultato è sempre lo stesso: il "sovramondo" (in qualsiasi modo esso sia costruito, se da menzogne, isolamento o chissà cos'altro) è più comodo della realtà e si è disposti a sacrificare rapporti, amicizie, legami pur di sentirsi bene, incastrati alla perfezione, pur di trovare il proprio posto, benché questo, a volte, sia solo pura immaginazione.